La Demenza di Alzheimer (AD)
La Demenza di Alzheimer (AD) è la più comune forma di demenza, rappresentandone oltre il 60% dei casi. La prevalenza globale aumenta con l’età, stimata fino al 30% nella popolazione >65 anni, più rappresentata nelle donne. In una piccola percentuale, meno del 5% dei pazienti, la malattia presenta un esordio presenile, in età < 65 anni, definito “early onset” o “young-onset”; il 34% delle forme di demenza ad esordio giovanile sono rappresentate da AD.
La AD è una malattia prevalentemente sporadica (oltre il 90% dei casi). Rare forme genetiche di malattia sono legate a mutazioni del gene di Presenilina 1 e 2 (PSEN1, PSEN2), e della Proteina Precursore dell’Amiloide (APP), causa di malattie a trasmissione autosomica dominante, in alcuni casi ad esordio precoce già all’età di 40 anni. Il genotipo ApoEε4 contribuisce ad una forma più aggressiva di malattia ad esordio giovanile.
Il quadro clinico iniziale della AD è insidioso, con disturbi della sfera cognitiva, tipicamente nella forma più comune si tratta di disturbi della memoria episodica, ad andamento ingravescente e successivo e irreversibile coinvolgimento di tutti i domini cognitivi quali funzioni visuospaziali, attenzione, linguaggio. Il decadimento riguarda le funzioni strumentali ed esecutive, la capacità di orientamento, di ragionamento astratto, giudizio, personalità e assetto emozionale. La presentazione della malattia è compresa in uno spettro clinico caratterizzato da diverse varianti. La stessa durata di malattia è variabile, soprattutto nella forma ad esordio precoce, considerando un continuum di tempo che va dalla fase prodromica alla demenza che può durare circa 10 anni; l’esordio della neurodegenerazione compare tuttavia anche 20 anni prima.
La neuropatologia dell’AD è definita da una doppia proteinopatia, caratterizzata dalla patognomonica coesistenza di aggregati extracellulari di fibrille di Aβ42, che costituiscono le placche amiloidee, e aggregati intraneuronali di proteina tau iperfosforilata (P‑tau), definiti grovigli neurofibrillari (NFT).
Le alterazioni patologiche sarebbero presenti a livello della corteccia cerebrale decadi prima che si manifesti la sintomatologia clinica caratteristica della malattia; secondo la classica teoria della cascata amiloidea la patologia Aβ guiderebbe la patologia legata alla proteina tau, con una degenerazione che coinvolge inizialmente le aree cerebrali temporo-basali e fronto-mesiali e quindi diffonde alla rimanente neocorteccia, alla corteccia sensorimotoria e infine al corpo striato. Più recenti evidenze descrivono tuttavia una disconnessione spaziale e temporale tra gli aspetti patologici cardinali dell’AD legati alle due proteine. Le alterazioni legate a patologia tau si presenterebbero prima della patologia amiloidea, a coinvolgere le regioni temporali mesiali – ippocampo, amigdala, corteccia entorinale (aree olfattive -bulbo e corteccia) per estendersi successivamente a tutta la corteccia cerebrale, con una diffusione caratteristica dalle regioni limbiche alla neocorteccia. Tale alterazione cerebrale legata a tau sarebbe tuttavia caratterizzata in questa fase inziale da “benignità clinica”, definita “tauopatia primaria legata all’età”. Attualmente si ritiene che la degenerazione legata ai NFT di proteina tau iperfosforilata (stadi di Braak I–VI) sia quella che correla meglio con la progressione dei disturbi cognitivi. L’ordine con cui queste proteinopatie si sviluppano e la loro relazione sinergica con la neurodegenerazione deve essere tuttavia ancora chiaramente compresa.
Varianti cliniche di Demenza di Alzheimer
La forma amnesica è la più frequente. Il deficit di memoria è spesso così precoce e rilevante da costituire l’unico apparente disturbo cognitivo. Si caratterizza essenzialmente come deficit mnesico anterogrado, con rapido oblio di informazioni nuove, che vengono acquisite in modo non efficace. La perdita di queste informazioni correnti compromette il ricordo di buona parte degli eventi quotidiani, che costituiscono la cosiddetta ongoing memory (cosa si è mangiato il giorno prima, dove si è parcheggiata la macchina, dove è stato riposto un oggetto...): non si tratta quindi di informazioni isolate, ma di un insieme di associazioni che legano le situazioni ai loro contesti specifici. Col tempo vengono dimenticati anche fatti isolati di maggior rilievo e subentra un difetto della cosiddetta perspective memory, la memoria del futuro (appuntamenti, scadenze, progetti). Molto comuni, occasionali nella fase precoce, sono gli episodi di disorientamento spaziale, con tendenza a perdersi e difficoltà ad attuare meccanismi compensatori suggeriti dal contesto e dall’aiuto esterno.
La storia naturale della AD inizia con il coinvolgimento delle funzioni ippocampali relative alla memoria, coinvolge poi le funzioni di controllo della corteccia prefrontale e parietale, con il coinvolgimento anche delle funzioni attentive.
Oltre alla classica forma di presentazione amnesica, diverse varianti cliniche atipiche di AD sono state descritte, con presentazione clinica non-amnesica, caratterizzate da una forma di presentazione con disturbi comportamentali, da deficit visuospaziali o da alterazioni del linguaggio.
- I pazienti con la Variante Frontale (fv-AD), presentano alterazioni del comportamento con impulsività, irritabilità, disinibizione, confabulazioni, associati a disturbi esecutivi. Questa forma deve essere posta in diagnosi differenziale con la Demenza Frontotemporale (FTD).
- L’Atrofia Corticale Posteriore (ACP) è caratterizzata invece da un preminente deficit visuo-spaziale, con aprassia, acalculia, agrafia, finger-agnosia, disorientamento ambientale e relativo risparmio di memoria e linguaggio.
- Variante Logopenica della Afasia Primaria Progressiva (lv—PPA), in minore percentuale di casi legata invece a FTD, con precoce progressivo interessamento della produzione del linguaggio con anomia e alterazione della ripetizione e comprensione.